mercoledì 6 novembre 2024


 

Vuoi sentire la mia storia? Chiedi al mare

I coralli insabbiati fino alle finestre sono le mie cupole sacre,

i gabbiani che volteggiano su una senna sono i piccioni della mia San Marco,

le legioni argentee di sgombri sfilano per le nostre catacombe.

(D. Walcott, Origini)

 

La foca “Monica”

Monica è una giovane foca che trascorre il suo tempo girovagando lungo la costa che da Otranto, in Salento, porta fino al capo di Leuca, dove le acque del mare Adriatico si confondono con quelle dello Ionio.

Quel tratto di mare è l’habitat ideale per le foche della sua specie. La costa è alta e rocciosa, ricca di grotte nelle quali, al riparo dai pericoli del mare e dagli uomini. Ogni tanto vi si aprono piccole insenature le cui spiaggette offrono una soffice e calda coltre per qualche ora di riposo al sole, dopo le scorribande in mare aperto a caccia di sardine e di sgombri di cui le foche sono ghiotte. Le acque del mare, limpide e cristalline, sono profonde, fresche e pescose, grazie anche ai fiumi sotterranei (carsici) di acqua piovana che sfociano nel mare in ognuna delle tante grotte e in molti altri punti del litorale.

Nel corso di una delle sue innumerevoli scorribande, Monica scopre una grotta bellissima e decide di farne la propria dimora.

Il posto è incantevole.

La grotta si apre su una piccola insenatura alla cui estremità sinistra affiorano scogli piatti sui quali ci si può sdraiare al sole, mentre l’interno è spazioso, ricco di stanze in cui ritirarsi all’asciutto durante la notte o mettersi al riparo dalle tempeste che sconquassano il mare e sferzano la costa. All’interno della grotta, dopo la prima stanza alta quattro metri e molto ampia, il mare, per cunicoli stretti e tortuosi, s’insinua per oltre cinquecento metri nelle viscere della terra, confondendosi con il fiume sotterraneo di acqua dolce che l’ha scavata.

Oltre la prima stanza si aprono numerosi altri locali, collegati da comodi passaggi, che rappresentano rifugi sicuri, facilmente raggiungibili da una foca scattante e sinuosa come la nostra Monica.

L’altro motivo che l’ha convinta è il colore dell’acqua. Nella grotta, e per tutto il seno di mare su cui si apre, l’acqua assume una colorazione grigiastra a causa delle sorgenti di acqua calda, ricca di zolfo, che emerge dagli strati sotterranei profondi e si mescola con le acque piovane convogliate dal fiume carsico. L’incontro tra le due fonti, calda e fresca, produce quell’effetto piacevole che tanto garba a Monica: l’acqua, calda e lattiginosa in superficie, conserva freschezza e limpidezza in profondità, impedendo a chi guarda dal di fuori di vedere cosa accade sotto la superficie del mare.

Per questa sua caratteristica la grotta è conosciuta con il nome di “Nzurfarata” che, nel dialetto del posto, significa, letteralmente, ricca di zolfo.

Le giornate di Monica

Preso possesso della sua nuova dimora Monica trascorre felice il suo tempo tra battute di pesca, visite ai suoi vicini e alla famiglia, lunghi riposi stesa al sole sui lisci scogli che emergono all’estremità del seno. Compagna delle sue scorribande e dei suoi giochi è la cugina Camilla che abita in una grotta non lontana, ma meno confortevole e sicura, denominata “la Mastefina”.

Non è raro vedere le due cugine rincorrersi in acqua mentre disegnano traiettorie fantastiche, ghirigori e repentine inversioni di marcia, in un crescendo di invenzioni seguite da lente parabole concluse con il reciproco strofinamento del dorso, del ventre o del muso, per poi riprendere le coreografie stravaganti della loro frenetica danza. A intervalli regolari le due foche emergono in superficie e annusano l’aria con i nasi sensibili e i lunghi baffi.

Terminati i giochi acquatici si sdraiano al sole e lì riposano beate, pronte a tuffarsi in acqua e a nascondersi non appena il fine udito le avverte della presenza di un qualche pericolo.

Due volte al giorno, all’alba e al tramonto, partono per una battuta di pesca. La meta del viaggio è sempre al largo, in direzioni di volta in volta diverse, dove l’istinto e l’esperienza suggeriscono la presenza di banchi di sardine, palamite, sgombri, suri (spicaluri), calamari.

Di ritorno dalle battute, sazie e soddisfatte, si dirigono ognuna verso la propria grotta per gustare il meritato riposo, attendere alla cura della pelle e alle relazioni con i vicini e la famiglia.

Monica conosce gli uomini

Un pomeriggio, mentre la foca Monica si scaldava ai raggi di un sole primaverile ancora incerto, avvistò in lontananza una barca che si dirigeva proprio verso di lei. La distanza era ancora considerevole, circa duecento metri, ma Monica sapeva che sarebbe stato meglio scivolare in acqua e andarsi a rincantucciare nella propria grotta, al riparo da sguardi indiscreti e dal possibile pericolo.

Ricordava anche gli insegnamenti di mamma Sofia che più volte le aveva fatto l’elenco dei nemici delle foche. Le aveva parlato dei delfini e dei tonni, degli squali e degli uomini, e soprattutto le aveva raccomandato, trovandosi di fronte ad un possibile nemico, di scappare senza indugio, per rifugiarsi su una spiaggetta appartata, in un anfratto tra gli scogli o all’interno di una delle tante grotte disseminate lungo la costa. Mamma Sofia le aveva anche insegnato che i nemici peggiori, nonostante non siano in grado di scivolare veloci in acqua come le foche, i delfini e gli squali, sono proprio gli uomini.

Essi si spostano sulla superficie del mare con le barche, più grandi dei delfini ma molto meno veloci. Al posto delle pinne dorsali le barche hanno due lunghi legni piatti che chiamano remi; sono però prive, a differenza delle foche e dei pesci, di una possente coda e della loro agilità. Ciononostante la pericolosità degli uomini e la loro cattiveria è di gran lunga maggiore di quella dei nemici acquatici.

La mamma le aveva raccontato una storia che in famiglia si tramandava da numerose generazioni e che era stata riportata da un lontano parente venuto in visita da un mare lontanissimo.

Nei mari abitati da quei lontani parenti le foche vivono in colonie numerosissime e sono solite passare la maggior parte del loro tempo stese su spiagge deserte a scaldarsi ai raggi del sole. In primavera le colonie sono particolarmente numerose perché è il periodo in cui le mamme-foca fanno nascere i propri cuccioli e li allattano prima di poter iniziare l’addestramento in mare aperto. Proprio in quel periodo, in cui le mamme sono molto stanche per le fatiche dell’allattamento e i cuccioli non sono ancora in grado di scappare velocemente, sulle colonie si abbatte una violenza insensata. Gruppi di uomini armati di bastoni fanno irruzione sulle spiagge, circondano le colonie e iniziano una sistematica battuta di caccia con l’obiettivo di uccidere il maggior numero possibile di foche. Ad essere presi di mira sono soprattutto i cuccioli e al termine di quella spietata violenza rimangono solo le chiazze di sangue rosseggianti sulla neve candida e i corpi esanimi dei poveri animaletti.

Obiettivo della caccia sono le pelli, ancora fini e delicate, dei cuccioli di foca, impiegate per la confezione di costosi capi d’abbigliamento molto ricercati dalle ricche signore.    

Il ricordo di quel racconto provocò a Monica un brivido lungo la schiena, ma ciò non fu sufficiente a farla allontanare dallo scoglio. Monica è una foca curiosa e aveva voglia di vedere più da vicino un uomo. Per scappare, pensava, fidando nella sua agilità, c’è sempre tempo, e in fondo la superficie solforosa dell’acqua l’avrebbe aiutata a nascondersi con maggiore facilità.

L’imbarcazione, intanto si avvicinava. Monica intravedeva la figura bruna e slanciata di una persona che canticchiando remava con vigore nella sua direzione. L’uomo non si era accorto della sua presenza, guardava lontano, verso il largo, dove passavano giocosi alcuni delfini, galoppando a lunghi salti sulla superficie del mare. Intanto la distanza si era ridotta pericolosamente, la barca si era avvicinata a meno di cinquanta metri e proprio in quel momento l’uomo, girando lo sguardo verso terra, si avvide di una figura animata sullo scoglio.  Fu la sensazione di un attimo. Mentre l’uomo girava lo sguardo la foca scivolava in acqua e scompariva silenziosamente.

“Che cos’è!” pensò l’uomo; e intanto girava intorno lo sguardo per individuare altri segnali di quella presenza. Non ebbe alcuna risposta. Il mare intorno era del tutto tranquillo e neanche sulla costa si individuavano segni di vita.

L’uomo non pensò a una foca; in quel tratto di costa non ne aveva mai avvistate. Pensò piuttosto ad un grosso pesce affiorato lungo la battigia e così riflettendo tornò ad occuparsi delle sue faccende.

Distese le sue reti di traverso tra un capo e l’altro della piccola insenatura e con la barca scivolò via verso il porto. “Domani mattina”, pensò, “tornerò a ritirarle”.

               

Fine 1a puntata

Continua

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