Il romanzo fresco di stampa presso l’editrice
L’Erudita, Se No, lo mostra
chiaramente.
Narra la vicenda di due cinquantenni che scoprono
di essere fratelli sui generis: Luigi, figlio di Salvatore e di Maria, in
tenerissima età è stato adottato da Luisa, mentre la madre naturale si è
risposata con un vedovo che ha un figlio, Tommaso, di cui lei diventa la
seconda madre.
La scoperta scombussola la vita dei due, tanto che
dovranno passare due anni di percorso, condiviso nell’implacabile analisi,
perché si arrivi alla catarsi.
Il romanzo percorre con una serie di flashback la loro
vita, professionalmente eccellente, dirigente d’azienda Luigi, professore
universitario Tommaso; ma il campo affettivo è pressoché fallimentare, per
l’uno come per l’altro.
La traiettoria geografica è indicata nel titolo,
che con un felice acronimo indica il
Nord-Ovest e il Sud-Est, vale a dire Torino-Milano dove accade gran parte della
vicenda e il Salento, da cui erano stati costretti ad emigrare i genitori di Luigi
e che torna continuamente alla ribalta non solo per i rimandi memoriali ma
perché lì si dipanerà la matassa che pareva irrimediabilmente arruffata.
Detta così sommariamente, la trama non rende
giustizia della natura del romanzo, né per il contenuto né per la forma
narrativa.
Infatti il professor Elia riesce a iniettare dosi
consistenti di economia che il romanziere Elia fonde con la sociologia del Meridione
e la fenomenologia delle relazioni interpersonali.
Il Sud si arricchisce progressivamente di differenti
valenze, da quella culinaria a quella folcloristica, da quella storica a quella
mitica. Per un lettore che vive altrove non pare vero che nel Salento sia nata
e perduri tanta ricchezza nell’arte, nei miti immortalati da filosofi e poeti e
passati per vie sotterranee nelle saghe popolari nonché nel vissuto delle
persone, capaci di affrontare le tragedie con ammirevole dignità e
consapevolezza.
I percorsi affettivi dei due fratelli sono per
varie ragioni accidentati, e occorre il coraggio dell’analisi,
dell’introspezione, del confronto anche impietoso per far emergere
contraddizioni, responsabilità, condizionamenti, limiti, a condizione che l’amore
della verità non deroghi mai al rispetto, anzi alla misericordia per l’altro.
Chi leggerà il romanzo con l’occhio attento
all’economia e alla sociologia si troverà costantemente indirizzato al versante
affettivo dei due comprimari, ma patirà pure i sensi di colpa delle loro madri
protrattisi per decenni per trovare solo in extremis la possibilità del
riscatto; inoltre conoscerà le vicende travagliate e non sempre con esito
felice di vari altri personaggi che a vario titolo diventano parte tutt’altro
che accessoria del racconto.
Analogamente chi sarà mosso più da interessi
psicologici e relazionali scoprirà di leggere con non minore attenzione la
tematica dell’economia, del lavoro, dell’emigrazione.
Per la forma narrativa basti dire che l’autore sa
passare con accorta disinvoltura dal presente al passato, dalla cronaca al
mito, dalla narrazione al saggio, grazie all’alternanza tra flashback e tuffo
nell’attualità; lo stile che nulla concede all’ovvietà e alla banalità sa
essere gradevole per l’uso di metafore, per l’abbondanza delle citazioni, per la
godibile descrizione di un piatto tipico del salentino a cui può seguire la
dotta e originale descrizione del pavimento museale nel duomo di Otranto.
A palati fini, a lettori nostalgici del Sud o
interessati a visitarlo, ma anche a occasionali acquirenti del romanzo, viene
offerta l’opportunità di passare ore arricchenti in compagnia di queste trecentotrenta
pagine.
Martino Pellegrino
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