domenica 17 novembre 2024

Racconti

 LE STORIE DI NONNO PASQUALINO (Terza puntata)

 Antonio ELIA

Renato Guttuso, Bambini che giocano sugli scogli, 1950

 Mezza estate, Tobago

Larghe spiagge lastricate dal sole. / Pubblicità

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Calore bianco. / Una fiumana verde.

Un ponte, / gialle palme bruciacchiate / giù dalla casa in letargo estivo / appisolata per tutto l’agosto.

Giorni che ho stretto, / giorni che ho perduto, / giorni che sono troppo grandi, ormai, come figlie, / per rifugiarsi nel porto delle mie braccia.

(Derek WALCOTT )

      I monelli

I piccoli amici del nonno, incuriositi anch’essi dalla presenza di un animale fantastico a pochi passi dalle loro case, decisero che dovevano vederlo. Essi conoscevano bene il luogo in cui la foca si allungava al sole e qualche giorno dopo organizzarono, di nascosto dai loro genitori, una spedizione alla “Nzurfarata”.

Arrivarci, per loro, non era impossibile. Occorreva, tuttavia, superare una lunga barriera di scogli che scendevano repentinamente fin sul bagnasciuga da un’altezza di almeno dieci metri. I ragazzi conoscevano bene l’ostacolo, per averlo superato più volte, e quindi arrivarono facilmente in vista dell’insenatura e dello scoglio fatidico.

Quando lo scorsero, attenti a non fare chiasso per non spaventare la foca, provarono un’intensa emozione. Non avevano mai visto una foca, ma la riconobbero facilmente dalla fedele descrizione fattane dal racconto di Nonno Pasqualino. Il silenzio che si erano imposti per osservare la foca senza che ne scoprisse la presenza fu ben presto rotto dalla loro esuberanza e dall’incontenibile desiderio che la foca si muovesse e si girasse a guardarli.                   

Appena Monica si accorse della presenza dei monelli fu scossa da una forte paura. Si girò per vedere da dove proveniva lo schiamazzo; successivamente, con un rapido movimento scivolò in acqua occultandosi alla vista dei ragazzi.

Nel periodo seguente Monica alternava incontri graditi e divertenti con Nonno Pasqualino a quelli pieni di paura e di rischio con i monelli. In verità, per evitarli, cercava di rimanere sullo scoglio il meno possibile, ma accadde ugualmente di incontrarli più volte. In ogni successiva occasione i ragazzi diventavano sempre più intraprendenti, si avvicinavano sempre di più, tiravano verso la foca qualche pezzo di legno o qualche sasso, disturbandola e, soprattutto, impaurendola.

 La voce della presenza di Monica in un posto molto vicino al paese sollecitò, a mano a mano che la notizia si diffondeva, la curiosità di molte altre persone, fino al punto di compromettere del tutto la tranquillità di Monica.

Dopo qualche tempo la situazione divenne del tutto insostenibile, tanto da consigliarle di abbandonare l’accogliente grotta e riparare in una più tranquilla, anche se meno confortevole.

La decisione non fu facile. Monica pensava che non avrebbe più incontrato Nonno Pasqualino con la stessa frequenza di prima; tuttavia – si diceva – avrebbe potuto incontrarlo in mare durante i quotidiani spostamenti che l’uomo era solito fare con la sua riconoscibile barca.

Epilogo

Il trasloco di Monica colse di sorpresa Nonno Pasqualino, ma deluse molto i ragazzi che ne erano stati la causa. Essi tornarono ripetutamente sul luogo delle loro scorribande e ogni volta la loro delusione aumentava. Un giorno “Tonino”, il nipotino più piccolo di Nonno Pasqualino, si fece coraggio e chiese informazioni al nonno. Questi gli riferì che Monica aveva traslocato e con accortezza indagò sulla curiosità del ragazzo. Non ebbe bisogno di molto tempo per capire le ragioni di tanto interesse e una volta scoperte aspettò il momento opportuno per far capire al nipotino e ai suoi amici la gravità del loro comportamento. L’occasione la trovò in un incontro serale dedicato alla magia dei “cunti[1]”.

Quella sera Nonno Pasqualino stava raccontando ai monelli la storia del saggio Giovannino. Al termine del racconto iniziò con tono severo e calmo a rimproverarli per il loro comportamento nei confronti della foca.

Iniziò con queste parole: «C’era una volta un pastore grande e grosso, di nome Eliseo, che ogni giorno portava al pascolo le sue pecore partendo dall’ovile con comodo, dopo che tutti gli altri pastori si erano già avviati.

Tutte le volte che trovava un altro gregge in un posto ricco di tenera erbetta incominciava a inveire contro il pastore e le sue pecore reclamando il diritto di sostarvi con il suo gregge. Alle urla faceva seguire le minacce e il lancio di pietre contro i malcapitati. Essendo grande e grosso e di aspetto spaventoso, riusciva a incutere paura a chiunque incontrasse sulla sua strada e a mettere tutti in fuga. Se qualcuno osava opporre qualche resistenza Eliseo faceva assaggiare il suo bastone alla groppa del poveretto e in questo modo, crudele e sbrigativo, era riuscito a cacciare quasi tutti i suoi concorrenti dalla zona».

«Credete che Eliseo abbia fatto bene a comportarsi così?», disse ancora Nonno Pasqualino.

I ragazzi in coro si apprestarono a dire che Aliseo aveva sbagliato, che bisogna rispettare anche le altre persone, che ognuno ha diritto di pascolare liberamente le sue pecore senza subire aggressioni dai prepotenti. Qualcuno concluse che i prepotenti dovrebbero essere arrestati e che lui, da grande, sarebbe diventato carabiniere per arrestare tutti i prepotenti e i cattivi.

«Bravi!», disse Nonno Pasqualino, e continuò il suo racconto.

«Sullo scoglio della “Nzurfarata” sostava fino a qualche mese fa una foca cacciata da un gruppo di monelli che per divertirsi le lanciavano contro delle pietre e la infastidivano. Credete che quei monelli abbiano agito in modo diverso da Eliseo?».

I ragazzi, non dissero una parola, abbassarono lo sguardo e aspettarono che il nonno continuasse a sgridarli e a minacciare qualche punizione.

Nonno Pasqualino, tuttavia, addolcendo il tono della voce, impartì ai piccoli una semplice lezione che essi non scordarono per tutta la vita.

Il nonno disse loro che gli uomini devono rispettare tutte le creature dell’universo, gli animali e le piante, perché ognuna di esse è come l’anello di una catena. Quando si rompe un anello la catena si spezza e non può essere più utilizzata.

            

Ma se una catena può essere facilmente riparata da un fabbro, i danni causati all’ambiente, agli animali, alle piante, alle risorse naturali, non sono facilmente riparabili. Non ci sono contadini capaci di produrre una foresta distrutta da un incendio o allevatori che riproducono gli esemplari di una specie animale o vegetale estinta.

Gli alberi di una foresta crescono lentamente; prima di raggiungere le dimensioni maestose che noi possiamo ammirare oggi sono passati centinaia e centinaia di anni. Ogni specie animale, a sua volta, è il frutto di un’evoluzione durata migliaia di anni.

Se la catena si spezza non può essere riparata e viene compromesso l’equilibrio che rende così bello, vario e colorato il mondo in cui viviamo.

«Per questo, miei cari ragazzi, – concluse nonno Pasqualino – quando causate un danno all’ambiente vi comportate come degli sciocchi che non conoscono l’utilità e il valore delle cose e buttano via degli oggetti utili o preziosi perché li considerano vecchi o di scarso valore».

Tonino fra tutti i monelli, ebbe ancora la possibilità di vedere la foca Monica. Era una bella mattina di settembre. Il ragazzo, come faceva di tanto in tanto quando il sonno e la pigrizia non lo vincevano, aveva accompagnato il nonno nella sua battuta di pesca.

Ad un tratto la sua attenzione fu richiamata da una strana increspatura dell’acqua. Ben presto il ragazzo si rese conto che una foca era affiorata e che le sue evoluzioni e i suoi versi erano rivolti a richiamare l’attenzione dell’uomo.   

Nonno Pasqualino l’accontentò lanciandole un pesce appena pescato e il ragazzo poté ammirare l’abilità e la grazia della foca nelle veloci e leggiadre evoluzioni con le quali era solita ringraziare l’amico umano e da quel giorno anche il suo nipotino.

Fine

[1] Termine dialettale per indicare i racconti tramandati dalla tradizione orale.

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