Enrico FRANCESCHINI intervista lo scrittore israeliano Assaf GAVRON (La Repubblica 23/11/2024)
Gavron, cosa pensa dei mandati di arresto della Corte Penale Internazionale?
«Appartengo alla maggioranza di israeliani che, secondo i sondaggi, non vogliono più Netanyahu come primo ministro. Credo che faccia soltanto dei danni, non solo ai palestinesi, ma anche al nostro Paese. Ed è colpa sua se noi israeliani oggi veniamo visti in gran parte del mondo come una forza crudele. Per me, dunque, qualsiasi sviluppo che limita Netanyahu è positivo. Se un tribunale internazionale vuole arrestarlo, faccia pure».
E come giudica la reazione di Netanyahu al mandato di arresto?
«Si è paragonato a Dreyfus. Ebbene, non mi dispiacerebbe se, come Dreyfus, per un po’ venisse rinchiuso da qualche parte».
Netanyahu definisce anche il mandato di arresto nei suoi confronti come un atto di antisemitismo…
«Non lo considero antisemitismo. Non credo che un giudice internazionale si sia svegliato un mattino dicendo “odio gli ebrei, arrestiamo il loro primo ministro”.
In Europa possono esserci sentimenti anti-israeliani, le procedure seguite dalla Corte Penale possono essere state imperfette, ma è troppo facile giustificarsi accusando di antisemitismo il tribunale che ti accusa».
Israele è anche stato denunciato dal Sud Africa presso un altro tribunale, la Corte Internazionale dell’Onu, per genocidio: come valuta questa seconda accusa?
«Non sono un esperto della definizione giuridica di genocidio secondo le norme del tribunale dell’Onu. Da quello che vedo in televisione e sui giornali, certamente a Gaza l’esercito israeliano si è comportato in modo estremamente aggressivo ed è possibile che abbia commesso crimini di guerra. I dettagli di chi ha dato gli ordini, e quali ordini specifici sono stati dati, non li conosciamo: i procedimenti internazionali servono a scoprire anche questo. Tendo a non credere che si tratti di genocidio, perché genocidio significa il deliberato tentativo di fare scomparire un intero popolo, ma come ho detto non sono un esperto della materia: è certamente possibile che si tratti di crimini di guerra».
Quando pensa che finirà la guerra in Libano e a Gaza?
«È una tragedia immane per i libanesi e per i palestinesi, ma anche per gli israeliani: i nostri soldati vengono uccisi quotidianamente, anche i nostri civili sono minacciati di continuo da razzi e attacchi. In passato ero più ottimista che la guerra sarebbe finita presto. Ora temo che potrebbe durare fino a quando Netanyahu resterà a capo del governo, cioè fino alle prossime elezioni: a quel punto non ho dubbi che le perderà e che chiunque diventerà premier dopo di lui metterà fine alla guerra. Ma mi preoccupa la possibilità di dover aspettare fino al 2026: in due anni possono succedere ancora molte cose terribili».
La pace fra israeliani e palestinesi sembrava possibile ai negoziati di Camp David nel 2000. Da allora è passato un altro quarto di secolo di conflitti e di sangue. Riusciranno mai a convivere pacificamente questi due popoli?
«Sono sicuro di sì, ma non so dire quando. Forse lei e io non faremo in tempo a vederlo, forse ci vorranno altri cinquanta o cento anni, ma succederà. I Paesi europei si sono fatti la guerra per secoli, e sono state guerre peggiori della nostra: oggi vivono in pace gli uni accanto agli altri. Un giorno succederà anche a israeliani e palestinesi. Ne sono certo perché non c’è altra soluzione, non c’è alternativa. Dubito che accadrà nei prossimi anni, ma accadrà».
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