venerdì 8 luglio 2016

RECENSIONE di Antonio ELIA


Non volevo leggere Elena Ferrante perché di fronte agli scrittori troppo celebrati e troppo prolifici mi prende una diffidenza incontrollata. Che non è un moto intellettuale spontaneo e snobistico, è, piuttosto, una risposta conscia alle politiche culturali delle grandi case editrici.
Perché l’ho letto? Perché il dubbio è sempre in agguato e ti interroga e ti dice che la tua può essere invidia o superbia, che, in fondo, se quell’autore ha avuto successo un motivo ci sarà; se dai suoi libri ci traggono dei film di successo un motivo ci sarà.
E allora ti lasci convincere e inizi la lettura dal primo romanzo, perché credi che nel primo lavoro di un autore siano presenti, magari solo in bozza e in potenza tutte le sue qualità, la sua cifra narrativa. Ed è vero.
Prima, però, vai a leggere un po’ di lavori critici sull’opera omnia dell’autore. Leggi l’intervista (che ho molto apprezzato) rilasciata a Nicola Lagioia, gli articoli di Chiara Farris pubblicati sul Blog “Nazione Indiana”, di Viviana Scarinci in “Letterate Magazine” e vari altri di cui vi risparmio gli estremi.
In effetti ho letto solo giudizi che elogiano la grandezza dell’autore, la sua capacità di imbastire storie vere, avvincenti e cariche di significati d’ambiente-sociali-psicologici-di genere-ecc.; che sottolineano l’eleganza e la ricercatezza della scrittura, la capacità di “smarginare” situazioni e personaggi per comprendere “il mondo che si scolla, …va fuori asse mostrandosi nella sua insostenibile nudità… priva di senso; di cogliere gli “attimi rivelatori”, che si palesano “ogni volta terribili”.
Di fronte a tanto non potevo che rilassarmi e predispormi sereno alla lettura.
Ci ho impiegato sei ore. Non di seguito, spalmate su quattro giorni, di pomeriggio, steso sul mio divano. Solo una volta ho ceduto per un attimo al sonno, che è già un buon risultato: d’estate, dopo pranzo, la lettura concilia se non è interessante, se non ti prende. Ma una volta ci son caduto e anche questo è un segno: come il primo sbadiglio dell’imperatore d’Austria Giuseppe II nell’Amadeus di Miloš Forman.
Cioè: la storia è congegnata in modo avvincente, in qualche modo ti prende; e se ti fermi alla storia, alla sequenza di eventi che vuoi sapere come va a finire, non ci sono problemi, il racconto tiene. Con qualche leggerezza di troppo sulla plausibilità di certe scene o di certi comportamenti dei protagonisti o di certe epifanie. Sui quali si può sorvolare, perché, in definitiva, un racconto è un’invenzione di fantasia, le situazioni poco plausibili, oniriche (come ha detto qualcuno), frutto dell’immaginazione deformante dello stesso “io” narrante, sono del tutto accettabili.
Ciò che, a mio avviso, è meno accettabile è lo stile un po’ artificioso.
Mi spiego: si ha l’impressione, non sporadica, che la lettura sia frenata da frasi messe lì per colpire il lettore, per irretirlo con l’eleganza di un’espressione, per puntualizzare o ornare ciò che dovrebbe essere già chiaro e compiuto. A scapito della fluidità del testo e della spontaneità della scrittura. Non voglio dire, sia chiaro, che la frase non vada costruita e pensata, levigata e tornita per renderla funzionale alla rappresentazione, ma qui ho l’impressione che si vada oltre e quel fastidio, l’impressione di artificiosità, affatica la lettura.
Qui va fatto qualche esempio, solo qualche esempio.
Mi sforzai di sorridergli, sicuramente per rabbonirlo ma anche per allontanare l’impressione di aver perso il governo del mio viso, di averne uno che era l’adattamento di quello di Amalia”: si perde il governo del proprio viso se si assume una qualche espressione? Oppure è il contrario? E poi: si può governare un viso?
E che dire del muro di un “colore fresco, appena strizzato”? E di quest’altra proposizione “Per un attimo pensai con orrore a maschi e femmine come organismi viventi, e mi immaginai un lavoro di bulino ecc.”, del tutto inconferente con il testo che la precede?
Solo pignolerie? Ipercriticismo?
Può darsi, ma a me la lettura de “L’amore molesto” ha lasciato questo retrogusto come di un bicchiere di buon vino che sa di tappo.
Per sondare gli umori del pubblico che ha decretato il successo del romanzo sono andato a curiosare tra i siti che pubblicano le recensioni dei lettori e ho scoperto, udite udite, con una certa sorpresa, che una buona metà dei recensori ha espresso molte perplessità dando giudizi non positivi o decisamente negativi.
Ne riporto tre, tratti dal sito www.anobii.com, che a mio avviso colgono elementi di critica di un certo interesse:

Valeria Corrias
Una donna che girovaga per tutta Napoli sporca di sangue mestruale, di sperma, sudore e pioggia, vestita inadeguatamente con vestiti non suoi ma forse si, che tenta di capire e svelare la morte della madre.
Una storia scialba, fatta di situazioni difficilmente realistiche (tipo il pranzo all'hotel e tutta la scena di sesso, davvero, non le puoi scrivere ste cose).
Brutto, brutto, brutto libro.
Avevo letto l'amica geniale e non mi era piaciuto ma ho pensato di prendere questo per capire, perché non era mi era proprio chiaro perché non mi era piaciuto. Ecco un chiaro esempio di salto dalla padella nella brace
”.

Cynthia Collu
Scrittura sciatta, romanzo sfilacciato, ricordo solo il disgusto della protagonista (ohibò!) verso il corpo femminile e i suoi umori (mestruazioni e muco vari), per il resto è stata una sorda irritazione per un romanzo che non ha nulla da dire e quello che dice a mio avviso lo dice male. Decisamente un NO”.

Michele Pinto
Questo libro dimostra come i bambini che hanno assistito alla violenza del padre sulla madre ne restano segnati per sempre. Ad esempio perdono la capacità di scrivere un libro decente.
Dispiace fare dell'ironia su un tema così triste ed importante, ma la Ferrante non è assolutamente all'altezza del compito che si è proposta, la descrizione della storia è quasi inconsistente, i pensieri della protagonista difficilmente riescono a coinvolgere
”.
Ma è soltanto il primo romanzo della Ferrante, mi sono detto. I successivi, e in particolare la quadrilogia, saranno di sicuro più vigili e attenti alle sfumature e alle contraddizioni.
E mi sono ripromesso di leggere almeno il primo volume della quadrilogia.
Vi terrò informati. Se vi interessa.

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